lunedì 31 marzo 2014

La giustificazione la porto io

Nell'immensa quantità di cose da decidere per organizzare un matrimonio, sicuramente quella a cui non avevo pensato, o meglio, quella a cui avevo dato un peso inferiore al resto delle decisioni da prendere, o meglio ancora, quella che avevo sopravvalutato pensando che, fra tutte, fosse la decisione più semplice, quella, proprio quella, si è rivelata la decisione più complicata, costosa, difficile e seria da prendere: la scelta del menù.
Perché (è ora che anche tu lo sappia) non basta scegliere il Catering. Non basta fare un giretto e valutare chi presenta i piatti in modo più carino, chi fa le composizioni di cibo meno baggiane della città, chi propone un'ampia gamma di tovagliati, coprisedie, posate, candelabri, centrotavola, portabottiglie, copripietanza, sottopiatti, runner, frizzi, lazzi e merletti. No. Il catering deve anche cucinare i piatti che tu gli chiedi di cucinare.
Tu pensi "facile, né io né il mio fidanzato mangiamo pesce, quindi niente pesce. Fatto".
Invece no, viene fuori che lo zio mangia solo pesce, il cugino considera un buon matrimonio quello dove, come minimo, fuori dalla Chiesa al posto del riso viene tirato il caviale, la zia se non le presenti un'astice intera non viene nemmeno al banchetto, l'amico non ama la volgarissima carne che avevi in mente, quindi niente, tutta questa serie di impercettibili segnali subliminali ti fanno intuire che forse del pesce, nel menù, ci deve stare.
Allora tu, ingenuo-fanciullo-che-pensi-ancora-che-decidere-il-menù-sia-semplice, pensi "facile, facciamo un menù misto con una portata per tipo, un primo di carne e uno di pesce, un secondo di carne e uno di pesce".
No.
Bocciata questa soluzione proponi: gli sposi mangiano un menù, il resto degli ospiti un altro.
No.
Allora: gli sposi si portano il pranzo a sacco, consistente in un pacco di Fonzies e una Cocacola, tutti gli altri acciughe e prosecco.
No.
Gli sposi di tanto in tanto si alzano fingendo di salutare gli invitati e in uno scatto fulmineo si spazzolano un menù Baby dal tavolo dei bambini, consistente in pasta al forno e cotoletta.
No.
Gli sposi si tappano il naso e mangiano pesce.
Sì.
Questa, nostro malgrado, la soluzione alla quale siamo giunti sabato, dopo la visita al primo Catering della lista.
La scena su per giù questa:
Signorina: "questo è un secondo di astice ricoperto in crosta di zucchine con crema di pesto di basilico e pomodorini del Bengala"
Vicio: "mh" (leggasi "mh" come il verso che si fa quando di acconsente in silenzio)
Elisa: "mh"
Signorina: "oppure questo, che è un taglio di cernia su letto di yogurt con virgola di crema di funghi"
Vicio: "mh"
Elisa: "mh"
Signorina: "questo qui è invece una corona di spada ripiena di aragosta con soffio di caviale rosso e spruzzata di essenza di basilico di Brunei"
Vicio "mh"
Elisa "mmm, forse dovremmo fare delle espressioni più colorite di apprezzamento ma, vedi, noi non mangiamo pesce. Non ho idea se quello che ci stai mostrando sia appetitoso o meno"
Signorina "Ok, per gli assaggi potete portare i vostri genitori".
Ecco, ora che so di potere portare la giustificazione all'interrogazione di Assaggio Menù, mi sento proprio pronta per fare il grande passo nel mondo degli adulti.


lunedì 3 marzo 2014

Non di magrirò mai ma in compenso investirò nel sicurissimo business del mattone.

Nella mia palestra (non mia di proprietà, mia nel senso che io contribuisco ad incrementare la proprietà dei proprietari visto l'esorbitante canone annuale che mi fanno pagare; potremmo praticamente dire che un pezzettino di muro, quello con lo specchio sbilenco per esempio, sia mio; in estrema sintensi, quindi, quando dico "mia palestra" intendo proprio mia-mia) funziona più o meno così: nei giorni antecedenti le feste principali, nei giorni cioè in cui sai che stai andando incontro ad imminente abbuffata, o nei giorni in cui sai che stai andando incontro ad imminente prova costume, o nei giorni in cui sai che stai andando in contro ad imminente abbuffata in costume, ecco, proprio in quei giorni, loro ti riempono la palestra di dolcini, pasticcini, assaggini, mignon e spuntini. Il tutto abbondantemente irrorato da fiumi di bibite gassate e supercaloriche.
A Natale, per esempio, c'è il brindisi col pandoro-con-Nutella (che il pandoro semplice non è abbastanza ingrassante). A Pasqua uova di cioccolato e Cocacola. A San Valentino aperitivo di salamini e mortadelline (chissà perché poi...). Oggi, che si festeggiava il Carnevale, tavolata con con chiacchiere e patatine.
Le chiacchiere, per chi non le conoscesse, sono un insulso e banale impasto di farina fritta interamente cosparso di zucchero a velo.
Praticamente da sole non hanno un sapore definito a parte il sapore di fritto. Impanate nello zucchero a velo assumono invece quel particolare sapore di pezzo di farina fritta cosparsa di zucchero a velo.
La ricetta è più o meno questa: impastate la farina, non importa con cosa, tanto dovrete friggerla, deve solo sapere di fritto. Stendetela, tagliatela a listarelle, friggetela a caso, tipo come fareste con una pentola piena di lasagne, e cospargetele di zucchero a velo. Lo zucchero a velo deve essere tanto, deve essere talmente tanto che quando addenterete la prima chiacchiera, il vostro vestiario, dal collo in giù, dovrà riempirsi completamente di polvere di zucchero, persino le scarpe. Dovrete diventare un tutt'uno con lo zucchero, come se vi foste tuffati in una piscina di terriccio o foste strafatti di cocaina al punto da fare collassare un cane poliziotto a 7 chilometri di distanza.
Le chiacchiere non hanno, di fatto, un sapore deciso, no. Hanno quel tipico sapore delicato, quel sapore piacevole ma scialbo che solo le chiacchiere hanno. Hanno quel tipico sapore di quelle "cose" che, dopo che ne mangi una, ti viene subito voglia di mangiarne un'altra perché la prima, da sola, non è riuscita a soddisfarti completamente; la prima, da sola, non aveva quel gusto deciso e forte che ti appaga già a primo boccone.
E allora ne mangi un'altra.
E un'altra
E un'altra.
E un'altra.
Alla fine ne mangi così tante che ti sazi, ma resti comunque insoddisfatta. E come se non bastasse mangi pure altra roba, e tutta quella fatica fatta in palestra non è servita a niente.
Alla fine ti sei riempito di chiacchiere, di dolcetti da pasticcerie, di merendine e, se il frigo è stato particolarmente generoso, anche dei resti della cena del giorno prima.
Comincio a sospettare che lo facciano apposta in palestra, che lo facciano per garantirsi altre mensilità, ti fanno mangiare qualcosa di scialbo per instradarti verso la via della perdizione, per indurti a spazzolare ogni traccia di cibo nel raggio di un chilometro e a quel punto zac!, ti inducono a tornare in palestra, a sudare e faticare, psicologicamente ti spingono ad iscriverti anche per le prossime 5 annualità, tu pensi che siano stati così carini da offrirti un dolcetto e invece loro ti hanno convinto a pagare anche l'altra parete, quella con i pesetti e i nastri elastici.